«Quando ho iniziato a immaginare nella mia mente Michele, riservato e onesto barbiere di un paesino del sud, quello che mi appariva davanti agli occhi era il volto di Leo Gullotta – esordisce il regista Angelo Cretella alla conferenza stampa di presentazione del suo nuovo cortometraggio Corti – Mi dicevo che era un sogno irrealizzabile eppure, in fondo in fondo, non volevo abbandonarlo e ripetevo tra me e me lo slogan “Se non ora quando?” finché, carico di entusiasmo e fiducia, mi decisi ad adottarlo. E il risultato è qui davanti ai vostri occhi». «Se non ora quando? – gli fa eco Leo Gullotta – Quando, se non ora che viviamo un momento di crisi imbarazzante in tutte le arti e in cui un ministro si lascia andare a inquietanti dichiarazioni come “Con la cultura non si mangia”, in un paese che ha sempre esportato prodotti artistici in tutto il mondo? Allo smarrimento dei giovani di fronte al crollo di ogni speranza io rispondo, nel mio piccolo, aderendo con gioia a questo entusiasmante progetto senza chiedere nulla in cambio». Gullotta infatti ha deciso di rinunciare al suo compenso, invitando la produzione a reinvestirlo interamente nel film breve ed i suoi colleghi a fare lo stesso. E lo ha fatto rapito da un racconto, “Corti”, tratto dalla raccolta Dai un bacio a chi vuoi tu della scrittrice casertana Premio Calvino 2007 Giusi Marchetta, autrice anche della sceneggiatura insieme allo stesso regista ed a Massimiliano Virgilio, altra talentuosa penna della letteratura partenopea. Lo ha fatto per promuovere l’impegno e la professionalità di una giovane troupe, anch’essa pronta a lavorare a costo zero o per un piccolo rimborso spese, composta da esperti nel proprio settore e amanti di cinema, e di un regista, Angelo Cretella, pluripremiata giovane promessa cinematografica di casa nostra che, spiega Gullotta, «grazie allo studio e al suo talento scrive con la macchina da presa una storia delicata e crudele in cui il più atroce dei crimini – quello della violenza sui bambini che, nel 95% dei casi avviene tra le mura domestiche – viene mostrato senza scene violente, attraverso l’innocenza e la pulizia d’animo di un bambino e di un uomo che fino alla fine non capisce, perché quella violenza lui non arriva a concepirla, e che con tenerezza si scontra con un mondo, quello moderno del suo avido figlio, che non gli appartiene» conclude l’attore catanese. Reduce dal ultimo film Il padre e lo straniero di Ricky Tognazzi e pronto per nuove – e per ora riservate – apparizioni sul grande schermo e dopo i successi di una stagione teatrale che lo ha visto campione di incassi con Le allegre comari di Winsor, che replicherà a breve in tutta Italia, Gullotta oggi è deciso a metterci la faccia. «Caserta e la sua Provincia hanno partorito e allattato grandi realtà cinematografiche, teatrali e letterarie che sono i nuovi volti del cinema e della letteratura, genuine, professionalmente valide e che hanno sopratutto tanta voglia di produrre opere di qualità, di fare, di raccontare storie come questa…e io ho voglia di ascoltare». Gullotta, che ha dichiarato di sentirsi a casa sua in Campania e di voler cogliere l’occasione per godersi con delizia la squisita cittadina di Sant’Agata de’ Goti, alloggerà con tutta la troupe – un’entusiasta carovana di giovani artisti, professionisti e cinefili provenienti da tutta Italia – ospite dell’agriturismo Agro Atellano, un antico cascinale restaurato immerso nel verde, la cui proprietà ha generosamente contribuito alle spese del progetto. Progetto per cui la Blow Up ha scelto come partner la web tv milanese AnotherTV, che ha già pubblicato on line il fortunato cortometraggio precedente, DisAbili, vincitore tra gli altri del Giffoni Film Festival e che realizzerà interviste, video e backstage di Corti. Nel cast anche il piccolo Francesco Esposito, scelto tra oltre 250 bambini provinati in tre province campane, l’attore e regista teatrale casertano Ernesto Cunto, che ha dichiarato di aver accettato la parte senza chiedere nemmeno di cosa si trattasse, entusiasta della sola presenza di Gullotta, Ciro D’Errico, Peppe Miale e la costumista Ortensia De Francesco. Premio Gassman per la Trilogia della Villeggiatura, Ciak d’Oro, Premio Tosi e nomination ai David di Donatello per i costumi di Lascia perdere Johnny e costumista in Fortapasc e Gorbaciof, la Di Francesco si è lasciata contagiare dall’allegria e dall’eccitazione del cast ed ha accettato di calarsi – è proprio il caso di dirlo! – nelle insolite vesti di attrice. Accanto a loro il calore e l’accoglienza dei 12mila cittadini di Sant’Agata e di un’Amministrazione Comunale giovane e volenterosa, pronta ad investire nel cinema come evidenziano i successi delle manifestazioni cinematografiche e i numerosi film che hanno scelto come location il piccolo borgo sannita. «Vogliamo dimostrare che il sud non è la palla al piede dell’Italia ma una fucina di talenti e idee – afferma il Sindaco XXX – Tagliare i fondi alla cultura è tagliare identità ad un popolo: noi abbiamo il dovere di andare controcorrente, mettendoci a disposizione dei giovani artisti». «Investire nel sapere è saper investire», gli fa eco Di Donato, della Comunità Montana del Fortore, che ha partecipato con un contributo alla produzione del giovane imprenditore succivese Nicola Marsilio, che ha deciso di investire risorse e fiducia in questo ambizioso progetto nato sul suo stesso territorio. «Cultura – commenta Leo Gullotta – non è una brutta parola, non deve spaventare, come pare accada oggi, perché la cultura si sceglie. Noi scegliamo cosa vedere a cinema o a teatro, scegliamo con chi andarci..É la tv che bisogna temere perché è lei che sceglie te e tu la subisci da solo, in silenzio e piano piano rischi che ti lobotomizzi senza che te ne accorga. Ti trasmette modelli stereotipati, ti insinua il timore e l’allarmismo. La cultura, al contrario, è vivere ogni giorno guardandosi attorno con curiosità, aprendosi al mondo e alle persone: a me piace sorridere a un estraneo alla fermata del bus, stringere la mano e guardare dritto negli occhi chi mi sta davanti, tendere la mano a chi ha bisogno senza che questo debba strisciare a terra per ottenerlo. So di essere riconosciuto dalle persone ma non uso questa cosa in modo ambiguo, perché il mio mestiere non è apparire: il mio mestiere è raccontare una storia, suscitare emozioni e se sono qui oggi è per rispetto verso di esso e per rispetto verso i giovani e il loro lavoro. Voglio essere la dimostrazione che si può, si deve fare».